DEISON/MINGLE
(CD, st.an.da., 2017)
01. Breach 04:44
02. Petrolio 06:06
03. Hole 04:26
04. Reverse 03:54
05. Mud 04:12
06. Dissociation 06:50
07. Cisterna 08:02
08. Meltdown 04:10
09. It Was… 06:21
10. Toxin 03:50
After crossing wastelands lost in oblivion (Everything Collapse[d], Aagoo / Rev. Lab., 2014), and being skeptically moved by listening to pulsations of a weak life (Weak Life, Aagoo, 2015), Cristiano Deison and Andrea Gastaldello (aka Mingle) are arriving at their final destination, Innersuface, the last stop on their journey. They suddenly fall into a hole and are trapped in a slimy pit overflowing with mud and industrial liquids. Everything is dense and oppressive. Their physical movement stops, the chaos in their head remains, they look around and everything is irreversibly changed. And while looking at the road they have just walked along, they glimpse the edge of a forest brimming with life, with its appearance unchanged over time…will it stay like this forever?
Created, recorded and mixed between December 2015 and April 2016, at Mingle’s Tower Home Studio and Deison’s 1st Floor Studio, Innersurface continues the perfect blend of Deison and Mingle sounds: drones, field recordings and processed loops superimposed with disturbed rhythms, distorted beats and electronic processing. As always, the electronics are dirty and extremely evocative, sounds that we have become accustomed to.
Deison: Electronics, Processing.
Andrea Gastaldello (Mingle): Electronics. Treatments.
Mastered by James Plotkin.
Produced by Andrea Gastaldello, Cristiano Deison and ST.AN.DA.
Mingle piano on “It Was…”.
Nicola Manzan violin on “It Was…”
Graphic design: Deison.
INNERSURFACE SU DISTORSIONI
Mingle è la creatura di Andrea Gastaldello (che ricordiamo per “Dissangue”, il bellissimo CD con Andrea Faccioli) che debutta a inizio 2012 con l’album digitale “Masks” e, a partire dal 2014, inizia il suo sodalizio con Deison, pubblicando ben tre album e un singolo in soli tre anni (già annunciato il seguito di questo “Innersurface”). Cristiano Deison è un veterano della “grey area” italiana: debutta nel 1995 con i Meathead (la prima band di Teho Teardo) e nel 1996 da solista con la cassetta “Frequency” a cui seguiranno altri sei nastri negli anni 1997-2000, per poi pubblicare il suo primo solo album “Dirty Blind Vortex” nel 2000. Seguiranno altri lavori solisti e in collaborazione con KK Null (maestro del noise giapponese), Candor Chasma (Simon Balestrazzi + Corrado Altieri), Gianluca Favaron e Maurizio Bianchi (prime mover indiscusso dell’industrial italiano). Assai difficile è descrivere un disco come questo, in cui diversi stili si intrecciano all’interno di ciascun brano e in cui ogni etichetta risulterebbe riduttiva: si tratta di un album elettronico nella quasi interezza (circa l’80% delle sorgenti sonore è di matrice elettronica), un disco dalle atmosfere noir, una collezione di brani dal forte appeal cinematografico, ideali colonne sonore per scene di degrado ambientale futurista. E’ un disco ambient, pur avendo al suo interno anche alcuni ritmi (slow tempo e mid-tempo dall’incedere ossessivo): Deison e Mingle in questo loro terzo lavoro a lunga durata sono riusciti a creare dieci affreschi sonori astratti (+ una ghost track) contenenti sonorità che da un lato richiamano la migliore electro-industrial (nei ritmi soprattutto) e dark ambient anni ’90 e dall’altra padroneggiano con sicurezza la materia glitch ‘n’ drone di quest’ultima decade, ottenendo un ibrido finora mai ascoltato prima.
Deison-MingleDegna di nota è l’evocativa It Was… in cui le tristi melodie pianistiche di Gastaldello si intrecciano con i malinconici fraseggi del violino di Nicola Manzan/Bologna Violenta, il tutto completato dalle rarefatte sonorizzazioni elettroniche di Deison; nel finale Manzan si cimenta in una agghiacciante improvvisazione al violino, degna delle migliori colonne sonore di moderne pellicole horror. Forse l’album doveva finire qui: l’astratta composizione industrial-concreta Toxin, seguita da cinque minuti di silenzio e successivamente dallo stravolto remix di Blato (la ghost-track sopra citata),classico anni ’80 del gruppo ebm sloveno Borghesia, nulla aggiungono a quanto detto nei primi cinquanta minuti di questo disco, allungandone inutilmente la durata. Con “Innersurface” la Silentes inaugura anche la deison-mingle (1)sub-label St.An.Da, dedita esclusivamente ai lavori di noisemaker italiani: “The Italian way to bring the noise” è il motto della label. Se amate industrial, dark ambient e drone music questo lavoro vi spiazzerà positivamente in più di un episodio: è un piccolo gioiello per la scena sperimentale italiana dei nostri giorni. In attesa del prossimo “Tiliaventum” (già annunciato su Loud!) non lasciatevi sfuggire questo capolavoro!
INNERSURFACE ON SIDELINE
Background/Info: “Innersurface” is a new collaboration between Italian composers Cristiano Deison (Deison) and Andrea Gastaldello (Mingle).
Content: If you’re not familiar with the composition of both artists, and you’re in search of ‘new’ music horizons mixing experimentalism with sound intelligence, this is definitely an album that might catch your attention.
Both protagonists are mixing different electronic- and noise sources together. It creates a vintage, analogue effect reinforced by some field recordings. Somewhat into industrial music, but always characterized by truly experimental treatments, “Innersurface” has been accomplished with an impressive sound canvas. There also is a more soundtrack part running through the album revealing the diversity of the work.
+ + + : Deison & Mingle are truly sound architects. They’re decomposing and recomposing sounds with endless treatments, studio effects and feel driven by the simply passion of creation. It’s an original release carried by endless creativity, but still revealing a refreshing and mainly accessible experimental format. I also enjoyed the atmospheric side of the work.
– – – : Diversity definitely is one of the main adjectives coming into mind when evoking this work, but I have to admit I’m not convinced by all the influences. The somewhat cinematographic part is one of the less convincing ones. I can imagine the experimental approach of some tracks will not convince a wider audience, but Deison & Mingle aren’t clearly conceived to seduce wide masses…
Conclusion: The main success of this work is the complementarity between both artists. It feels like they’re composing music for years together and I can only encourage them to move on! This is experimental music with a real artistic and visionary attitude!
Best songs: “Hole”, “Toxin”, “Meltdown”, “Petrolio”.
Rate: (8).
INNERSURFACE SU FARDROCK
Terzo e conclusivo capitolo della trilogia che Cristiano Deison and Andrea Gastaldello (in arte Mingle) hanno realizzato a partire dal 2014 e che si configura come un lavoro di grande ricerca sonora nella quale il duo abbina gli insegnamenti di Pierre Schaeffer con la tecnologia dei giorni nostri, combinando alla perfezione il concetto della musica concreta ed acusmatica con i dettami specifici della musica tonale, con l’inevitabile utilizzo del computer e perfino con qualche richiamo evidente al kraut rock di marca Kraftwerk (Hole).
Deison & Mingle dimostrano un affiatamento molto peculiare che si concretizza nella passione per la ricerca che li porta a sviluppare temi e tematiche sonore curiose e brillanti.
deisonmingle_innersurfacecdPassando da glitch oscuri e inquietanti (Breach), Innersurface arriva a brani di ampio respiro fatti di lenti crescendo e di stratificazioni affascinanti (Cisterna) passando da momenti vicini al post rock (Reverse) e altri più affini all’ambient di casa Eno (It Was, con l’ospitata di Nicola Manzan, in vacanza dai Bologna Violenta, al violino).
L’ambientazione drone-music è solo un pretesto per mettere in scena un album di splendida efficacia, dove le atmosfere diventano quasi istantaneamente tangibili, creando sensazioni ed evocando paesaggi attraverso un linguaggio musicale e una forma compositiva che continua ad arricchirsi di modalità espressive.
Per i nostagici dell’electro-rock anni ’80, la ghost track è un affascinante remake di Blato dei Borghesia.
INNERSURFACE SU ONDAROCK
“Innersurface” è il nuovo album realizzato da Cristiano Deison e Andrea Gastaldello. Il duo collabora sotto la sigla Deison & Mingle dal 2014, anno d’uscita di “Everything Collapse(d)”. Ricordiamo, per completezza, che la coppia ha anche all’attivo un mini-cd per Final Muzik. Dopo la seconda parte della trilogia – “Weak Life”, uscito nel 2015 – ora è la volta del terzo sodalizio tra questi due musicisti dall’esperienza pluriennale. Siamo alla presenza di un lavoro sospeso tra post-industrial, dark-ambient, field recording, drone e glitch music.
L’album viene pubblicato su cd in edizione limitata per la nuova label di Stefano Gentile, la St.An.Da (sister label di Silentes), qui alla sua primissima uscita. “Innersurface” è stato registrato e missato tra il dicembre 2015 e l’aprile 2016 al Tower Home Studio di Mingle e il 1st Floor Studio di Deison.
L’idea di fondo dietro l’album è quella della caduta, un percorso “ctonico” che va verso un punto di non ritorno, l’abisso. Il primo disco, “Everything Collapse(d)”, era il racconto di un mondo ormai in declino. In “Weak Life” si esploravano possibilità di vita aliene e post-umane in un ambiente ostile, mentre in quest’ultimo atto assistiamo al drammatico epilogo della speranza, la fine di un viaggio che chiude la trilogia iniziata nel 2014.
Dall’incedere lento, disturbato da glitch e interferenze, del primo brano “Breach”, si passa all’oscuro drone/ambient di “Petrolio”. In “Hole” la parte ritmica prende il sopravvento ricordando un po’ certe sonorità illbient/dark ambient dub di Nerva, recente progetto di Mingle con Andra Bellucci. L’apocalittica “Meltdown” ricorda invece alcuni esperimenti recenti di Mika Vainio come “Life (…It Eats You Up)”, “Kilo” e “Monstrance”, la collaborazione con il musicista svedese Joachim Nordwall.
Il violino di Nicola Manzan (unico ospite presente) in “It Was” ben si abbina al piano suonato da Mingle, creando delle atmosfere cinematografiche, quasi da thriller di Hitchcock nella parte finale, prima dell’emergere della cupa e cavernosa “Toxin”.
Molto interessante è la anche la ghost-track del disco, che propone una cover rarefatta ed evanescente di “Blato”, un brano dei leggendari Borghesia, nome che non dovrebbe essere sconosciuto a tutti i veri appassionati di old school Ebm.
In generale, qui siamo dalle parti di una sorta di “apocalyptic drone music” che si agita in un pantano di oscura ambient senza speranza. Non è un tema nuovo (pensiamo anche al recente ottimo album di Donato Epiro, “Rubisco”) ma di certo qui il compito viene svolto con cura e perizia, raggiungendo anche standard “internazionali” che non hanno nulla da invidiare a molte uscite estere.
INNERSURFACE ON A CLOSER LISTEN
Dopo diversi anni dal suo concepimento, Tiliaventum è pronto; si tratta di un progetto ideato da Sandra Tonizzo che, assieme a Deison & Mingle rende omaggio al fiume Tagliamento; un luogo dell’anima descritto in 11 istantanee che nel tempo hanno raccolto i contributi sonori di vari musicisti/amici che condividono lo stesso amore per il fiume.
“Apparentemente un fiume qualsiasi (dal passaggio su uno dei suoi ponti può sembrare solo una distesa grigia di sassi) è invece un ecosistema estremamente prezioso ed è ritenuto l’ultimo corridoio fluviale intatto delle Alpi. Per la sua conformazione primordiale viene studiato da ricercatori di tutto il mondo per rinaturalizzare altri fiumi urbanizzati. La storia di questo fiume si dipana in un groviglio di meandri azzurri che cambiano continuamente e che da una stagione all’altra danno coordinate diverse: Cambogia senza le guglie dei templi, Caraibi col ghiaccio nell’acqua e che dall’alto sembrano il sistema arterioso umano”.
Deison & Mingle traccia per traccia
Il disco, dai tratti come d’abitudine per i due sperimentali e d’avanguardia, si apre con Arteria, un flusso continuo di suoni che ogni tanto è intervallato da intromissioni in profondità. Tiliment rende la presa più leggera, ma mentre le sensazioni si assottigliano, crescono i movimenti sotterranei.
Emozioni rarefatte quelle trasmesse da Agane, mentre si rompono gli argini con La Piena, che tuttavia non è così torrenziale come ci si potrebbe attendere. Sotterraneo torna a modalità più contenute e intime, ma c’è un qualche fenomeno in crescita in arrivo. Grave è sommessa ed elettrica, liminare e in chiaroscuro.
Pietra viva, opponendosi ai brani precedenti piuttosto “stabili”, mette in atto una crescita sonora. La crescita porta a un brano tra industrial e metal come 21.00.12, seguita da un ritorno a certe tranquillità con Savalon. Si viaggia verso il finale con la morbida ed eterea Nel tuo letto, prima che il viaggio del fiume si concluda con Ajar e Aghe, unico episodio cantato, da Anna Comand, con delicatezza e quasi timidezza.
Un altro lavoro notevole di Deison & Mingle, che questa volta fotografano lo scorrere, anche temporale, di un grande fiume utilizzando le armi di sempre ma anche una sensibilità adatta al flusso.
(LINK)
INNERSURFACE SU SODAPOP
La nuova collaborazione fra Andrea Mingle Gastaldello e Cristiano Deison (se non si conta il miniCD d’esordio per il single club di Final Muzik) chiude idealmente una trilogia finita la quale i due apriranno un nuovo capitolo (e a ribadire come in ogni fine c’è un inizio, Innersurface tiene a battesimo la neonata etichetta ST.AN.DA., giro Silentes). Attenzione però, dei tre album questo è il meno omogeneo musicalmente e, pur frequentando le atmosfere scure a cui i due ci hanno abituati, mette in luce una quantità e qualità di idee che lo proiettano già oltre i confini della trilogia, elaborando soluzioni che potrebbero essere sviluppate in futuro. Se la forma musicale è varia e difficile da circoscrivere in un determinato ambito il concept è profondamente unificante: l’idea di superficie interna attraversa con coerenza un disco che nei titoli e nei suoni sembra indagare quasi ogni accezione dell’idea di cavità come se solo lì, in spazi più o meno artificiali, fosse possibile trovare rifugio dal crollo contemplato in Everything Collapse(d), primo capitolo della saga. È in questi anfratti che la vita continua nelle mutevoli forme di Breach e Dissociation – soundscapes lividi sporcati da interferenze elettroniche che insieme al piano disturbato di It Was… sono il trait d’unoin più forte coi lavori precedenti – e nelle fredde sonorità che poco hanno di umano di Mud e Toxin. Più in profondità Cisterna intercetta correnti di densi liquidi ribollenti e li trasforma in ambient sussultante mentre Petrolio risuona in antri in cui i movimenti ritmici sono rallentati e i suoni inspessiti ed alterati, un microcosmo pulsante che segna uno dei picchi dell’album insieme a Meltdown, dove lo spirito robotico si unisce a quello animalesco dando vita a un brano dall’incidere maestoso. Non ci sono tuttavia cedimenti di sorta: Hole resuscita il dub che su Weak Life animava Circle Of Red Drops, Reverse seziona i Jesu più rarefatti con pesanti presse metalliche e ancora una volta una cover, stavolta Blato dei Borghesia, sigilla il tutto. Innersurface ci dice, nel caso non fosse ancora chiaro, che star qui a discutere anche solo vagamente di generi è inutile e nemmeno è più tempo di narrazioni: le energie vitali e creative si disperdono in mille rivoli e vanno ad alimentare vene sotterranee che, tornate in superficie, nutriranno nuove creazioni. Dobbiamo solo aspettare.
INNERSURFACE SU PAY NO MIND TO US
Ci eravamo congedati da Deison in seguito ad una corposa intervista accompagnata dal mixtape PORTRAIT#4, in cui la sua carriera ventennale veniva esplorata ampiamente, lasciando spazio anche a qualche commento sul suo rapporto artistico con Andrea Gastaldello, alias Mingle. I due hanno intrapreso una collaborazione sfociata in una trilogia di dischi – ai tempi dell’intervista erano stati pubblicati i primi due – in cui il carattere cinematico, quello ambientale e quello industriale dialogano armoniosamente. Una breve digressione prima di affrontare il discorso Innersurface:
Il primo lavoro – Everything Collapse(d) – era il ritratto cinetico di un mondo in declino. Vi era del ritmo in quella lenta ma inesorabile distruzione, il ritmo delle macerie che crollano e delle nuvole di polveri che soffocano l’orizzonte. Il lavoro sfumava tra il grigio e il nero, tutto collassava in un’apatia totalmente estraniata, un’inerzia comunque statica. Il tema principale era il flebile movimento discendente della caduta. Si attendeva il terzo capitolo per capire se Weak Life – il capitolo secondo – comprendesse anche la speranza, o se quella debole vita fosse solo una fugace illusione dell’immaginazione. La chiusura del secondo album non faceva di certo presagire la prima ipotesi, non suonava sicuramente come un encomio verso la rinascita: erano piuttosto i suoni di una vita intubata, dal respiro affannoso, annaspante. La debole vita era ciò che ancora era sopravvissuto alla catastrofe di Everything Collapse(d), ciò che lentamente è andato ora spegnendosi. Che poi bastava lasciare scorrere i silenzi dell’ultima traccia per ascoltare la cover di Circle of Shit dei Godflesh. No, spazio per la speranza sembrava non esserci nella musica del duo.
E giungiamo al terzo, e ultimo capitolo, della collaborazione Deison / Mingle, in uscita per la neonata ST.AN.DA.. Riguardo ad esso, Deison annunciava: “Il prossimo capitolo, che sarà l’atto conclusivo di questa trilogia, si intitolerà InnerSurface, e rappresenterà la caduta in un buco, quindi nessuna rinascita, ma si entrerà nelle profondità, in un mondo buio, sporco e maleodorante, buche ricolme di fanghi e liquidi industriali in cui tutto è denso, greve. Il movimento fisico si interrompe, rimane il caos nella testa, ci si guarda attorno, con fatica, e tutto è irreversibilmente cambiato”. Il disco, che esce oggi per la neo-nata ST.AN.DA, è già disponibile all’ascolto: vi invitiamo a scorrere fino al fondo dell’articolo.
Innersurface significa superficie interna, e in copertina campeggia l’istantanea in bianco e nero di un bosco. È un’immagine che merita qualche considerazione, vista l’opposizione tra il significato a prima vista speranzoso della natura e la caduta nel mondo buio preannunciata dalle parole di Deison. Il concetto di superficie interna sembra spingerci a guardare alla foto osservandone i diversi livelli visivi, in quanto in primo piano, in forma di cornice, vi è un primo strato di vegetazione, mentre al centro, più lontano dalla luce e dall’occhio dell’osservatore, la vegetazione è più densa e buia. Nelle Meditazioni Del Chisciotte, scriveva Ortega y Gasset che in un bosco, la missione degli alberi patenti è quella di rendere latenti gli altri, e che in questo gioco di superfici è assurdo pretendere di possedere la visione del bosco. I più non avvertono che il profondo, per essere tale, si occulta dietro la superficie e si presenta solo attraverso di essa, palpitandone al di sotto. In questo senso, “niente è più illecito del rimpicciolire il mondo con le nostre manie e cecità, sminuire la realtà, sopprimere immaginariamente pezzi di ciò che è. Questo accade quando si chiede al profondo di presentarsi allo stesso modo di ciò che è superficiale”.
E se la nostra spinta al progresso e alla tecnica conduce all’illusione di credere di poter sezionare la realtà e disvelare anche le ragioni del profondo, saremo condannati a non vedere più «né il profondo né la superficie, ma una perfetta trasparenza, ovvero nulla». In questo senso possono essere lette le parole di Deison, quando dice che ci si ritrova in una situazione di caos senza apparente via d’uscita; con la caduta, la profondità in cui si è entrati non è quella arcana del bosco e del suo gioco di superfici, ma il suo rovesciamento, il profondo inferno del nulla che divora le nostre illusioni antropocentriche. Viene allora da credere che forse lo spazio per qualcosa di simile alla speranza, lo spazio di un’azione umana, è ancora possibile, nonostante – e solo in virtù – della caduta e della presa di coscienza di ciò che l’ha causata. Ed è la grande domanda che pervade l’ascolto: sapere di avere perso qualcosa per sempre può avere conseguenze che si ergano al di là della semplice constatazione della caduta? Vi è qualcosa al di là delle macerie? Tenendo in mente tale quesito, veniamo ora alla parte più musicale, e l’analisi non può dunque esimersi da un’attenzione narrativa verso il susseguirsi delle tracce, dalla prima a quella conclusiva, osservandone il dispiegamento.
Il benvenuto è nel segno dell’inquietudine, con gli oscuri droni sotterranei e i glitch di Breach, che evolvono in una funerea melodia per una fine. Nulla d’organico palpita più, lo scenario si apre tinteggiato di nero. I loop di Petrolio innalzano progressivamente la velocità, ma è un dinamismo appesantito, autenticamente industriale; sembra che in questa distopia le macchine procedano da sole, prescindendo dall’elemento umano e senza più l’opposizione di quella natura – di cui l’uomo si è alla fine scoperto parte – oramai avvelenata. Hole ha qualcosa dei primi Raime, con il suo groove macchinoso e inesorabile, ma staglia per la varietà di effetti e sample utilizzati, come quelle voci inumane che si sciolgono su loro stesse. Reverse è un episodio di passaggio e richiama le atmosfere più esili e senza speranze di Weak Life. Dopo Reverse la narrazione continua con Mud, sorella di Hole per il suo incedere dinamico eppure senza via di scampo. Riporta alla mente le alienanti visioni di distruzione del giovane coniglio Quintilio ne La Collina Dei Conigli, con la differenza che se là l’uomo ne era il fautore, qui, come in Petrolio, le macchine sembrano acquisire linguaggio proprio e l’uomo finisce ad essere vittima di se stesso.
Dissociation si muove in territori più ambientali, i movimenti sono sotterranei e i loro suoni giungono ovattati, mentre solo un drone drammatico suona in prima persona, come a commentare lo sfondo lontano e iniziando ad accennare, così, ad una dimensione lirica. Cisterna ritorna al ‘qui ed ora’. Dall’incipit pare una traccia amaramente malinconica, ma intervengono ben presto dei rilasci improvvisi di basse frequenze a rintronare e riportare la traccia all’oppressione inquieta del disco, fino a mutarla in un lento procedere di beat ovattati. Subito dopo Meltdown, It Was… non può che essere il tema finale della colonna sonora della narrazione. Avvalendosi del violino di Nicola Manzan in accompagnamento al piano, introduce il momento autenticamente lirico del disco; estremamente evocativa, It Was… riesce bene all’interno di Innersurface sia perché è posizionata intorno alla fine, come a guardare e commentare la visione che progressivamente è stata dischiusa, sia perché conserva la fisionomia malata del disco, espressa all’inizio e soprattutto alla fine della traccia, dove implode in un crescendo caotico. Le macchine avranno una vita loro e la distruzione sarà pure totale, ma è restata una presenza in grado di assistere allo scenario. E allora sì, sembra proprio che nell’ultimo disco qualcosa di simile alla speranza vi sia. Era la risposta che cercavamo. L’avanzare vorticoso di Toxin sembrerebbe concludere l’opera, ma prepara alla reale conclusione, dopo 4’33” di silenzio: il remix di Blato dei Borghesia (presente, come le ghost track dei due dischi precedenti, soltanto nelle versioni fisiche). Vengono ripresi gli stilemi di Hole e Mud e la traccia subisce una rielaborazione alla luce dei ritmi più oscuri degli ultimi anni. Davvero una conclusione degna di nota, tanto che parlare di remix pare limitante per quanto Deison e Mingle facciano loro il pezzo.
Ha senso interrogarsi sui limiti di un disco ben riuscito come questo? Il fatto che non vi sia nulla di radicalmente nuovo nella proposta sonora dei due può realmente contare come critica? Eppure il lavoro scorre dal primo all’ultimo minuto senza – davvero – mai annoiare, le tracce si susseguono in un incedere coerente e non si avverte la presenza di alcun riempitivo. Per la qualità della soluzione sonora Innersurface si propone immediatamente come uno dei risultati più ‘internazionali’ della musica nostrana degli ultimi anni. Il solco è quello intrapreso dai lavori di etichette come la Blackest Ever Black, la Opal Tapes e la Strange Rules. Si odono affinità con i lavori più ambientali di Samuel Kerridge e di Peder Mannenfelt, ma anche di Lussuria, Emptyset, Haxan Cloak e Demdike Stare. Lungi dal risultare come un epigono di altri progetti, Innersurface figura come l’apertura di Gastaldello e Deison, nomi dall’esperienza pluriennale, a sonorità altre, mantenendo comunque la coerenza della propria proposta musicale trascorsa. In poche parole, resta una proposta primariamente ambient industriale, la quale è poi in grado di assorbire tutta una serie di influenze contemporanee senza snaturarsi. Ci si augura davvero che i due avranno la possibilità di portare la collaborazione all’ascolto di più orecchie possibili. Innersurface si pone sicuramente come il degno canto del cigno per la conclusione della trilogia a nome Deison / Mingle, innalzandone senza alcun dubbio la qualità finale.
INNERSURFACE SU SO WHAT
La resa dei conti, momento conclusivo di un cupo viaggio attraverso desolanti paesaggi privi del calore della vita. Con la pubblicazione del terzo atto Cristiano Deison e Andrea Gastaldello chiudono la lunga deriva plasmata nell’arco di un triennio, iniziata con la quieta e rassegnata contemplazione degli scorci in dissoluzione di “Everything Collapse[d]” e continuata con la loro dinamica e tagliente esplorazione di “Weak Life”.
Tutto ciò che fin qui è stato recepito dai sensi viene adesso introiettato, conducendo verso una sotterranea oscurità che spegne qualsiasi speranza. Elettriche schegge diluite in una inesorabile palude di suono (“Breach”, “Reverse”, “Petrolio” ) sanciscono l’inizio della discesa verso fondali densi e claustrofobici all’insegna di frequenze ruvide e convulsi intrecci di frammenti rumorosi segnati da complesse e nervose trame ritmiche (“Hole”, “Mud”). Giunti in fondo i battiti scompaiono per riemergere a tratti flebili, lasciando svanire ogni riferimento mentre si galleggia immersi in magmatiche dilatazioni (“Dissociation”, “Cisterna”). La plumbea e paralizzante stasi improvvisamente viene spezzata da granulose e abrasive bordate che segnano la conclusiva disgregazione (“Meltdown”) dalla quale si sprigiona un ultimo malinconico afflato, una breve breccia illuminata dal suono del pianoforte che trova enfatica eco nelle dolenti tessiture del violino. Quel che resta è la gravida sensazione dell’irreversibilità di ciò che è accaduto, la consapevolezza di navigare in un algido universo sempre più opprimente (“Toxin”), un mare vischioso e soffocante dal quale non annunciato emerge come estemporaneo omaggio una rimodulazione di “Blato” dei Borghesia a chiudere definitivamente questo introspettivo racconto postmoderno.
Non resta che sperare e attendere l’inizio di un nuovo capitolo di questa brillante collaborazione.
INNERSURFACE SU KATHODIK
Tornano a fluttuar insieme Cristiano Deison e Andrea Gastaldello (aka Mingle).
Tra field recordings, trattamenti digitali, oggettistica assortita e l’arte del drone.
Una fascinosa raccolta di notturni piani sequenza in lenta e sfiancante stratificazione pigolante/cortocircuitata.
Masse detritiche in elegante disposizione, arcaici cigolamenti di rugginosi ingranaggi e gomme digitali in rotazione (Hole), richiami in lontananza spersi in non rassicuranti nebbie (Mud), attraversamenti di malinconiche melodie accartocciate (Reverse).
Torpide sequenze ambient/post industrial in lisergica estensione (Cisterna), l’introversione minimal cameristica post disastro (ospite il violino di Nicola Manzan) di It Was…, la sospensione inquieta/carpenteriana di Petrolio.
All’oggi la loro più riuscita opera.